Paola Varese, primario di Medicina oncologica dell’Ospedale di Ovada, in Piemonte, dice che dopo essere risultata
positiva al Covid19, ha immediatamente preso idrossiclorochina, e in 3-4 giorni è scomparsa la febbre e gli altri sintomi.
Per cui, dice anche che, ha applicato su se stessa lo stesso protocollo che ha previsto per 276 pazienti a casa; continua la Varese, sottolineando che è fondamentale un intervento tempestivo dei medici di famiglia nelle case dei pazienti, con idrossiclorochina associata ad eparina e se necessario l’antibiotico.
Aggiunge anche , che probabilmente, il crollo delle ospedalizzazioni sia dovuto all’uso immediato del farmaco: si hanno avuto solamente 7 ricoveri: mentre secondo le attese proiettive dell’ISS avremmo dovuto averne 55.
L’idrossiclorochina è uno dei trattamenti contro il Coronavirus in sperimentazione, ed è approvata dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Il merito dell’adozione di questa cura è dovuto al Direttore di Ematologia-Oncologia di Piacenza, Luigi Cavanna.
Il quale è stato il primo in Italia a utilizzarla, un’intuizione che si sta dimostrando significativa.
Infatti dal 25 febbraio, ha trattato 209 pazienti e nel 90% dei casi la risposta è stata positiva.
Inoltre sono crollati i ricoveri: dal 30% di ospedalizzati (casi gravi o moderati) si è passati a meno del 5%.
Il cambiamento positivo, secondo Cavanna, è arrivato con la somministrazione dell’idrossiclorochina fin dalle prime fasi della malattia, quando i pazienti erano a casa, e ha avuto come conseguenza il ricovero di pochissimi casi in condizioni acute.
Un trattamento che, stando ai dati preliminari raccolti e sistematizzati da 5 Asl diverse su 1.039 pazienti, sta funzionando in tutta Italia.
Però una parte della comunità scientifica rimane prudente.
Infatti il direttore del reparto di Malattie infettive del “Sacco” di Milano, Massimo Galli, afferma che questo farmaco (idrossiclorochina) viene utilizzato come profilassi antimalarica, ma non è utile come profilassi contro questo virus, anzi può comportare danni gravi per chi soffre di cuore e chi è affetto da favismo.
Non può essere considerato un farmaco “da banco”: ma soltanto il medico può prescriverlo e come per ogni altro farmaco, è necessario tener conto del quadro clinico del paziente.
Le controindicazioni del farmaco sono: l’idrossiclorochina non può essere assunta dai fabici – che sono dallo 0,3% al 3% in Italia -, sebbene i fabici corrano rischi gravi anche assumendo farmaci comuni come tachipirina e aspirina.
Anche i pazienti con cardiopatie pregresse possono registrare scompensi.
In Italia, già prima del Covid19, ogni mese si acquistavano 134mila confezioni di idrossiclorochina per circa 65mila pazienti cronici, con Lupus e Artrite reumatoide. La clorochina viene utilizzata da più di 70 anni in campo clinico, anche con dosaggi elevati e per tempi prolungati; mentre per Covid19, il trattamento dura in media 7 giorni.
Dopo decenni di studi accurati sul suo profilo di tossicità, tutti questi effetti avversi non sono apparsi con evidenze tanto da proporne una letteratura rilevante, eppure sono emersi nell’uso per Covid19.
Tra i 169 pazienti trattati non vi è stato nessun decesso. Il 7% dei trattati è stato ricoverato, ma nessuno ha sviluppato complicanze gravi, né ha avuto alcun effetto collaterale durante il trattamento.
Secondo quanto dice Moreno Ferrarese, Pneumologo della Asl di Alessandria, insieme al Direttore Generale della Asl, Roberto Stura, hanno sistematizzato una mole enorme di informazioni cliniche.
Utilizzando griglie Excel hanno raccolto dati su tutti i pazienti trattati a casa. In più hanno seguito l’evoluzione clinica giorno per giorno, aggiunge Ferrarese, e da tutti i colleghi è stato rilevato un cambio netto della gravità nelle ultime settimane.
Verosimilmente il miglioramento è correlato all’introduzione del Plaquenil, idrossiclorochina, somministrata entro le 48 ore dalla comparsa dei sintomi.
Per cui, se mentre prima del trattamento si avevano alterazioni della temperatura fino a 10-12 giorni, dopo l’introduzione sistematica di idrossiclorochina, il 75% delle persone si è sfebbrata entro il 4° giorno e l’85% entro l’8° giorno.
Anche la burocrazia, che sta rallentando il ricorso a tale terapia, in cui la tempestività è fondamentale.
Per essere efficace, infatti, il trattamento va avviato precocemente, meglio se entro 48-72 ore dalla comparsa dei sintomi nei sospetti Covid19 (quali: anosmia, ageusia, febbre, tosse, diarrea, dolori muscolari intensi).
Antonio Marfella, oncologo e Dirigente responsabile Farmacologia clinica dell’Istituto Pascale di Napoli, afferma che In genere, nel suo reparto, ci vogliono almeno 3 giorni per un tampone, se tutto va bene.
Poi vanno aggiunti altri giorni per avere idrossiclorochina a casa dalla farmacia ospedaliera, e così facendo il trattamento e di conseguenza la sua riuscita viene compromesso.
All’imponente macchina organizzativa messa moto in Campania per contrastare Covid19, inoltre aggiunge che mancano le terapie a domicilio, che in questo momento sono le uniche in grado di intervenire sulla malattia prima che sia troppo tardi, ed evitare i ricoveri e le acutizzazioni e conclude dicendo anche che si tratta di un farmaco che costa, per tutto il ciclo terapeutico, poco più di 10 euro.
Anche ad Imola sono convinti che si debba utilizzare questa terapia sin dall’inizio della sintomatologia.
Infatti proprio a Imola si è iniziato a somministrare idrossiclorochina a domicilio il 27 marzo e da allora sono 231 i pazienti trattati in modo tempestivo.
Ad affermare ciò è Andrea Rossi, Commissario Straordinario dell’Azienda Usl di Imola che specifica anche i risultati. Dice che si è ottenuto una riduzione del 50% degli ingressi in intensiva e nei pronto soccorsi per ospedalizzazione.
In più il Direttore del dipartimento di Oncologia, Andrea Maestri, racconta che a due settimane dall’inizio dei trattamenti domiciliari sono passati da 15 a 7 pazienti in intensiva, e da 70 a 35 pazienti in posti letto non-intensivi: un calo evidente.
La domanda, a questo punto, è se il calo delle ospedalizzazioni possa essere dovuto al lockdown.
È un’ipotesi che va valutata, afferma Rossi, secondo il quale ci sono crescenti evidenze sul ruolo della terapia antivirale precoce, che ha come base idrossiclorochina, associata a farmaci antivirali e/o antibiotici, ed eparina.
Certo è che dal 27 marzo al 12 aprile, mentre le curve dei “contagi” e dei “decessi” della Regione Emilia Romagna crescevano, le stesse avevano un’andamento opposto ad Imola: decrescevano.
Rossi aggiunge anche che il trattamento domiciliare potrebbe aver drasticamente ridotto gli ingressi al Pronto Soccorso e inoltre stanno aspettando ulteriori conferme da una pubblicazione scientifica.
Il protocollo applicato ad Imola è stato messo a punto proprio dal Commissario Straordinario Rossi e da Pierluigi Viale, ordinario dell’università di Bologna e Direttore di Malattie Infettive del Sant’Orsola.
Luca Montagnani, dice che la Valle D’Aosta è la regione che ha più tamponi positivi pro-capite.
Infatti c’è un paziente positivo ogni 113 abitanti, mentre in Lombardia 1 ogni 134.
Proprio in questo contesto – dice Luca Montagnani, Direttore del Dipartimento di emergenza, anestesia e rianimazione dell’Usl e coordinatore della Task Force regionale, afferma che si è iniziato a somministrare idrossiclorochina a domicilio.
Specificando che sono stati trattati 134 pazienti, tutti con tampone positivo, e nessuno è finito in intensiva.
Solo 13 sono stati ricoverati, con un calo superiore al 50%, di cui 5 subito dimessi e 7 in miglioramento.
Si è registrato solo un decesso: un uomo di 95 anni, con pluri-patologie.
E’ interessante notare come nel sottogruppo trattato con il farmaco, la mortalità sia allo 0,6%. In Italia, tutto ciò che riguarda gli interventi regolatori sui farmaci, spetta all’AIFA.
A questo punto è necessario comprendere la posizione dell’Agenzia in merito a tutti questi dati.
Bisogna precisare che il trattamento con idrossiclorochina è stato approvato dall’Agenzia, con determina del 17 marzo. La valutazione, da allora, è sempre la stessa: attendere ulteriori conferme.
Proprio in ragione di una potenziale efficacia, ma in mancanza di dati clinici adeguati, l’idrossiclorochina è attualmente oggetto di studio.
Ma non appena saranno disponibili i risultati degli studi avviati in Italia, come pure di quelli in corso a livello internazionale, sarà possibile dare una risposta definitiva al ruolo terapeutico dell’idrossiclorochina nei pazienti con Covid-19.
Per intanto l’unico studio italiano, già approvato, partirà nelle Marche: è l’Hydro-Stop-Covid-19 Trial, sulla somministrazione precoce di idrossiclorochina.
Il “principal investigator” è Procolo Marchese, del dipartimento di cardiologia dell’ospedale “Mazzoni” di Ascoli Piceno. Qui, sono stati studiati 20 pazienti (età media 63 anni, 72% maschi) positivi con tampone.
Tutti e 20 trattati con idrossiclorochina: 400 mg x 2 il primo giorno e 200 mg x 2 per 5 giorni, nel 40% dei casi con aggiunta di antibiotici. Il miglioramento clinico al primo contatto dopo circa 7 giorni riguardava l’80% dei pazienti.