tumore colon
È necessario che il sistema immunitario riesca ad individuare le cellule tumorali per poterle eliminare.
Però, purtroppo, non ci riesce sempre, poiché i tumori capaci di restare invisibili riescono a sfuggire all’attacco, così sovente l’immunoterapia è inefficace.
Ma secondo i ricercatori del Fox Chase Cancer Center di Philadelphia, negli Stati Uniti, è possibile scovare le cellule nascoste del cancro del colon-retto bloccando un processo molecolare
conosciuto, cioè la cosiddetta demetilazione del Dna, che regola la riattivazione dei geni.
Questo studio, coordinato dal ricercatore Alfonso Bellacosa e che lo stesso definisce molto promettente, è stato pubblicato sulla rivista Gastroenterology, ed è in grado di dimostrare
praticamente come è possibile rendere le cellule tumorali attacabili.
LA “METILAZIONE”.
Per il cancro del colon-retto, che è da ritenersi uno dei tumori con più alta incidenza nel mondo e che nello specifico, in Italia, conta più di 40mila nuovi casi all’anno, era già conosciuta
l’importanza della metilazione del Dna, anche se non era palese quale fosse il suo ruolo a livello molecolare.
Il coordinatore dello studio, Alfonso Bellacosa, professore nel programma di ricerca Nuclear Dynamics & Cancer e membro del Cancer Epigenetics Institute del Fox Chase Cancer
Center , afferma che i tumori del colon, cosiddetti cimp, hanno alti livelli di metilazione.
Questa peculiarità era già nota, però non lo erano le basi molecolari del meccanismo.
Così, studiando i topi dapprima, e osservando poi i campioni di tumori umani, si è potuto constatare che i tumori cimp presentano alti livelli di metilazione poiché al loro interno
hanno uno sbilanciamento.
In pratica, ci sono alti livelli dei fattori che metilano il Dna e bassi livelli dei fattori che lo demetilano, quindi rispettivamente che accendono e spengono i geni.
Quindi il punto focale dello studio: è osservare il rapporto molto stretto esistente tra metilazione e aumento dell’infiammazione e della risposta all’interferone.
Secondo Bellacosa attualmente in punto molto importante della ricerca biomedica è riuscire ad aumentare l’efficacia dell’immunoterapia, che è stata effettivamente rivoluzionaria
per tumori in stadio 3-4.
Bisogna sapere che in passato in alcuni casi veniva lasciata ai pazienti una aspettativa di vita bassissima e non esisteva un trattamento.
Mentre ora per una notevole percentuale di questi tumori in stadio avanzato non c’è solo un trattamento, ma in alcuni casi anche una cura.
Anzi per il 40 per cento di melanomi di fase avanzata, sono disponibili trattamenti e buoni risultati a lungo termine.
Continua Bellacosa dicendo che è necessario cercare di capire cosa è possibile fare per poter rendere l’immunoterapia efficace per quel 60 per cento dei pazienti che al momento non
rispondono alla cura.
Così l’inizio è avvenuto intervenendo sull’epigenoma, cioè sulle informazioni cosiddette epigenetiche, per rendere i tumori responsivi alle immunoterapia.
I ricercatori hanno fatto un’ipotesi è cioè bloccando i fattori della demetilazione, e quindi aumentando i livelli di metilazione, aumenta anche la risposta infiammatoria all’interferone.
Quindi si cerca di utilizzare l’infiammazione a vantaggio dei ricercatori.
Giacché è risaputo che gran parte di questi tumori non rispondono alle terapie, visto che volano sotto il radar del sistema immunitario, se vengono bloccati questi meccanismi si riesce
anche ad attivare l’infiammazione, così facendo le cellule tumorali diventano visibili e il sistema immunitario dovrebbe intervenire.
Poi l’immunoterapia dovrebbe riuscire a eliminarli.
I TEST SUGLI ANIMALI.
Per poter ottenere risultati concreti saranno ancora necessari diversi studi, però l’ipotesi dei ricercatori certamente apre nuove speranze di cura.
Bellacosa dice anche che possiedono già molecole che si stanno testando in laboratorio e quindi c’è la speranza di iniziare, entro l’anno, gli studi sugli animali.
C’è la necessità di accertarsi non solo che le molecole siano efficaci, ma pure che non diano problemi di tossicità, dopo di che sarà possibile passare agli studi sull’uomo.
Anche se è una strada lunga, i ricercatori ritengono che fa sperare bene anche per altre neoplasie tipo come quelle del polmone, oltre che per i melanomi.
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